Successione e convivenza

La pianificazione della successione risulta particolarmente importante nell’ambito dei rapporti di convivenza. Chi convive, anche se da molto tempo, non ha alcun diritto sull’eredità del partner, ma può essere nominato erede, o ricevere un lascito, nell’ambito di un testamento. Ciò può essere opportuno, soprattutto in relazione alla proprietà della casa di abitazione principale e all’eventuale conto corrente cointestato.
Nel dettare la disciplina della convivenza, la legge ha stabilito che in caso di morte del proprietario della casa di comune residenza, il convivente superstite ha diritto di continuare ad abitarvi per due anni, o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni, ma comunque non oltre i cinque anni (a meno che cessi di abitarvi stabilmente, o inizi un’altra convivenza o contragga matrimonio). Se nella stessa casa coabitano figli minori o figli disabili del convivente superstite, questo ha diritto di continuare ad abitarvi per un periodo non inferiore a tre anni. Il diritto di abitazione viene meno se il convivente superstite cessa di abitare stabilmente nella casa di comune residenza, o in caso di matrimonio, di unione civile o di nuova convivenza di fatto.
Una diversa regolamentazione può essere però prevista dal testamento.
La legge dispone anche che in caso di morte del conduttore, o di recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente ha diritto di succedergli nel contratto.
Altri problemi possono sorgere se l’abitazione è cointestata ai due conviventi, soprattutto in presenza di un mutuo. In questo caso, infatti, il rapporto di comproprietà che si instaura con gli eredi legittimi del defunto può causare notevoli difficoltà al convivente superstite. Anche in questo caso è consigliabile la redazione di un testamento.
Nell’ambito dei rapporti di convivenza è possibile utilizzare lo strumento della donazione, con o senza la riserva dell’usufrutto vitalizio, per regolare in anticipo la successione, ma bisogna tenere conto che le norme fiscali equiparano il convivente a un estraneo, che non gode di agevolazioni né di franchigie.
In alcuni casi potrebbe essere conveniente stipulare una polizza assicurativa sulla vita, indicando quale beneficiario il convivente.

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