La volontà di essere erede
L’eredità non comprende solo beni e diritti, ma anche obblighi, e in particolare tutti i debiti del defunto, che l'erede è obbligato a pagare anche utilizzando il proprio patrimonio personale, quando l'attivo ereditario non è sufficiente. L’accettazione dell’eredità comporta dunque una valutazione discrezionale da parte del chiamato (cioè del soggetto designato come erede), che potrebbe anche avere interesse a non accettare, quando i debiti sono superiori all’attivo del patrimonio.
Ecco perché per diventare erede occorre una manifestazione di volontà, espressa, tacita o presunta. L’acquisto dell’eredità richiede dunque un’accettazione, espressa o tacita, da parte della persona designata.
Il diritto di accettare l'eredità si prescrive in dieci anni, dunque una volta trascorso tale periodo non si può più diventare eredi, salvo casi particolari.
L’eredità è per sempre
Una volta compiuta, in qualsiasi modo, l’accettazione dell’eredità è definitiva, non si può più cambiare idea. Questo concetto, espresso tradizionalmente nel diritto romano con il principio “semel heres semper heres” (chi è erede una volta è erede per sempre), è presente anche nella nostra legislazione.
La regola vale anche per l’accettazione tacita, quindi è sufficiente vendere uno solo dei beni compresi nell’eredità (ma anche regalarlo, ipotecarlo o, secondo la Cassazione, chiedere la voltura catastale) per diventare definitivamente erede. Lo stesso avviene se si incassa un credito del defunto (per esempio un rateo di stipendio o di pensione), si ritira una somma dal conto corrente bancario del defunto, o si paga un debito del defunto utilizzando denaro compreso nell’eredità.
L’accettazione espressa dell’eredità
L’accettazione espressa dell’eredità consiste in una dichiarazione di volontà manifestata in un atto formale.
La legge dispone infatti che si ha accettazione espressa dell’eredità quando, in un atto pubblico o in una scrittura privata, il chiamato all'eredità ha dichiarato di accettarla oppure ha assunto il titolo di erede (art. 475, primo comma, c.c.).
Si ha dunque accettazione espressa non solo quando il chiamato dichiara formalmente di accettare l’eredità, ma anche quando si definisce erede in un atto pubblico o una scrittura privata, quindi in un documento scritto.
La dichiarazione di accettare l’eredità sotto condizione o a termine è nulla (art. 475, secondo comma, c.c.). L’apposizione di una condizione o di un termine alla dichiarazione di accettazione fa sì, dunque, che l’accettazione non produca alcun effetto.
E’ nulla anche la dichiarazione di accettazione parziale dell’eredità (art. 475, terzo comma, c.c.). Non è possibile, dunque, dichiarare di accettare solo alcuni dei beni compresi nel patrimonio ereditario, oppure solo alcune disposizioni testamentarie e non altre, o anche di non voler pagare i debiti ereditari. In tutti questi casi, dunque, l’accettazione non produce alcun effetto.
L’accettazione è considerata un atto irrevocabile, pur in assenza di una specifica disposizione di legge in tal senso, in applicazione del principio, risalente al diritto romano, “semel heres semper heres”, che significa che “chi è erede una volta è erede per sempre” (Cass. 17 marzo 1972, n. 801 e Cass. 17 giugno 1971, n. 1850).
Altri modi di diventare erede:
L’accettazione tacita dell’eredità
L’accettazione con beneficio di inventario
L’acquisto dell’eredità senza accettazione
L’erede o legatario apparente
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