Mutuo, prezzo e spese accessorie

Il vincolo di corrispondenza inizialmente stabilito tra prezzo pagato e mutuo dell'acquirente nella compravendita immobiliare si è oggi attenuato. L'Agenzia delle entrate ha riconosciuto espressamente la possibilità che il mutuo contratto per l'acquisto della casa finanzi anche altre spese, e in particolare le cosiddette spese accessorie dell'acquisto (le tasse, la provvigione dell'agenzia immobiliare o del mediatore creditizio, la parcella del notaio, le spese di trasloco, eventuali lavori di ristrutturazione o completamento del fabbricato, etc.).
La conclusione appare scontata, ma in realtà ci sono voluti anni per ottenere un esplicito riconoscimento dall'Amministrazione finanziaria, che in precedenza aveva ammesso solo l'ipotesi del mutuo che finanzia, oltre all'acquisto, anche le spese di ristrutturazione dell'immobile (risoluzione 1 giugno 2007, n. 122).
Oggi, invece, è possibile dimostrare che una parte della somma presa in prestito dalla banca è stata utilizzata per finalità diverse dall'acquisto dell'immobile, vincendo così la presunzione di corrispondenza tra il prezzo di acquisto e il mutuo (risoluzione n. 248/E/2008).
Ricordiamo che la legge Bersani ha introdotto la regola secondo cui il fisco può presumere che il valore di mercato dell'immobile acquistato sia almeno pari all'importo del mutuo contestualmente stipulato dall'acquirente (art. 35, comma 23-bis, della legge 4 luglio 2006, n. 248). Dunque, quando insieme all'atto di compravendita viene stipulato un mutuo, il fisco può tassare l'acquisto su un valore pari all'importo del mutuo, con gravi conseguenze anche per il venditore. Inizialmente il contribuente aveva poche possibilità di difesa.
Con la nuova interpretazione accolta dall'Agenzia delle entrate, invece, si apre la possibilità di dimostrare che solo una parte del mutuo è destinata al pagamento del prezzo di acquisto, mentre il resto è stato utilizzato per altre finalità: le spese accessorie della compravendita, anzitutto, ma anche spese non collegate alla nuova casa, come il rimborso di debiti precedenti.
Naturalmente, è necessario fornire le prove documentali dell'effettivo utilizzo di una certa somma per altro scopo. Non basta dire, per esempio: "ho pagato l'agenzia", il fisco vuole vedere la fattura. Inoltre è opportuno che nel contratto di mutuo si precisi che solo una parte della somma servirà a pagare il prezzo della casa. L'Agenzia delle entrate, infatti, prevede che "nel contratto di mutuo è specificato che parte della somma mutuata non è destinata a sostenere l'acquisto dell'immobile". Questa indicazione, comunque, da sola non è sufficiente. In caso di controllo, bisogna sempre essere in grado di esibire le fatture per l'importo corrispondente alle spese sostenute.
La presunzione di corrispondenza tra importo del mutuo e prezzo della compravendita è dettata espressamente per gli atti soggetti a IVA, quindi riguarda le vendite effettuate dalle imprese, e in primo luogo le vendite effettuate dalle imprese di costruzione. Proprio in questo caso, peraltro, l'applicazione di questa regola può avere conseguenze disastrose per l'impresa venditrice, perché è probabile che l'attività di verifica si estenda all'intera attività dell'impresa.
Poiché i maggiori problemi riguardano l'impresa che ha venduto l'immobile, è senz'altro opportuno che essa si preoccupi di acquisire dall'acquirente la documentazione relativa alla destinazione della parte del mutuo eccedente il prezzo pagato, magari prevedendo anche l'obbligo contrattuale di consegnarla al venditore.
L'Agenzia delle entrate, oltre ad applicare rigidamente la legge alle vendite soggette a IVA, ha deciso di estendere questa regola anche alle vendite tra privati, soggette all'imposta di registro, nonostante che, nella maggior parte dei casi, sia tassato il valore catastale e non il prezzo pagato. L'amministrazione finanziaria, infatti, ritiene che la presunzione di occultamento di una parte del prezzo assuma rilevanza perché quando ciò avviene la legge consente di ricalcolare l'imposta sul prezzo anziché sul valore catastale, applicando inoltre una sanzione compresa tra il 50% e il 100% della differenza tra l'imposta dovuta e quella effettivamente pagata.
In altri termini, se il mutuo è superiore al prezzo indicato nell'atto si presume che il prezzo realmente pagato sia almeno pari al mutuo, e ciò consente di tassare il prezzo presunto, anziché il valore catastale, che di solito è molto più basso. La rideterminazione del prezzo, inoltre, può avere rilevanza fiscale anche per il venditore, nei casi in cui si applica un'imposta sulla plusvalenza.

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