Il contratto di convivenza

Contenuto e forma del contratto

I conviventi di fatto possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza (art. 1, commi 50 e seguenti, della legge 20 maggio 2016, n. 76).
Il contratto di convivenza è redatto in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato, che ne attesta la conformità alle norme imperative e all'ordine pubblico. L’intervento del notaio è sempre necessario quando il contratto di convivenza prevede il trasferimento o la costituzione di diritti reali immobiliari.
Ai fini dell'opponibilità ai terzi del contratto di convivenza, il professionista che ha ricevuto l'atto o che ne ha autenticato la sottoscrizione deve trasmetterne copia al comune di residenza dei conviventi per l'iscrizione all'anagrafe entro i dieci giorni successivi (ai sensi degli articoli 5 e 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223).
Se il contratto non viene iscritto all’anagrafe, esso rimane efficace tra le parti, ma non è possibile farlo valere nei confronti dei terzi.
Il contratto di convivenza deve contenere l'indicazione dell'indirizzo indicato da ciascuna parte, al quale sono effettuate le comunicazioni inerenti al contratto medesimo.
Il contratto di convivenza può inoltre contenere:
a) l'indicazione della residenza;
b) le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacità di lavoro professionale o casalingo;
c) la scelta del regime patrimoniale della comunione dei beni, che in tal caso è regolato dalle norme del codice civile relative alla comunione dei beni tra coniugi (sezione III del capo VI del titolo VI del libro primo del codice civile).
Il regime patrimoniale scelto nel contratto di convivenza può essere modificato in qualunque momento nel corso della convivenza con le modalità previste per la modifica del contratto di convivenza.
Il contratto di convivenza non può essere sottoposto a termine o condizione. Nel caso in cui le parti inseriscano termini o condizioni, questi si hanno per non apposti.
Ai contratti di convivenza si applica la legge nazionale comune dei contraenti. Ai contraenti di diversa cittadinanza si applica la legge del luogo in cui la convivenza è prevalentemente localizzata. Sono fatte salve le norme nazionali, europee ed internazionali che regolano il caso di cittadinanza plurima (art. 30-bis della legge 31 maggio 1995, n. 218, introdotto dall’art. 1 comma 64 della legge 20 maggio 2016, n. 76).
Ricordiamo infine che il trattamento dei dati personali contenuti nelle certificazioni anagrafiche deve avvenire conformemente alla normativa prevista dal codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, garantendo il rispetto della dignità degli appartenenti al contratto di convivenza, e che i dati personali contenuti nelle certificazioni anagrafiche non possono costituire elemento di discriminazione a carico delle parti del contratto di convivenza.


Il regime patrimoniale dei conviventi

I rapporti patrimoniali tra conviventi di fatto non sono disciplinati direttamente dalla legge, quindi il regime di comunione legale previsto per le coppie unite in matrimonio o unione civile non si applica automaticamente ai conviventi di fatto.
I conviventi di fatto possono comunque scegliere il regime patrimoniale della comunione dei beni stipulando un contratto di convivenza.
In tal caso si applicano le norme del codice civile in materia di comunione dei beni tra coniugi (sezione III del capo VI del titolo VI del libro primo del codice civile).
Ai fini dell'opponibilità ai terzi della scelta del regime della comunione dei beni contenuta nel contratto di convivenza, il professionista che ha ricevuto l'atto o che ne ha autenticato la sottoscrizione deve trasmetterne copia al comune di residenza dei conviventi per l'iscrizione all'anagrafe entro i dieci giorni successivi (ai sensi degli articoli 5 e 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223).
Se il contratto non viene iscritto all’anagrafe, la scelta del regime di comunione dei beni rimane efficace tra le parti, ma non è possibile farla valere nei confronti dei terzi.
Il regime patrimoniale scelto nel contratto di convivenza può essere modificato in qualunque momento nel corso della convivenza con le modalità previste per la modifica del contratto di convivenza.
Il regime patrimoniale della comunione dei beni viene meno in caso di scioglimento del contratto di convivenza che l’aveva previsto. In tal caso si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del codice civile relative allo scioglimento della comunione dei beni tra i coniugi (sezione III del capo VI del titolo VI del libro primo del codice civile).
Ricordiamo che, in particolare, l’art. 192 del codice civile dispone che, in seguito allo scioglimento della comunione dei beni, ciascuno dei coniugi è tenuto a rimborsare alla comunione le somme prelevate dal patrimonio comune per fini diversi dall'adempimento delle obbligazioni gravanti sui beni della comunione (previste dall'art. 186 del codice civile). È inoltre tenuto a rimborsare il valore dei beni aggrediti dai creditori per obbligazioni da lui contratte separatamente (di cui all'art. 189 del codice civile), a meno che, trattandosi di atto di straordinaria amministrazione da lui compiuto, dimostri che l'atto stesso sia stato vantaggioso per la comunione o abbia soddisfatto una necessità della famiglia. Ciascuno dei coniugi può chiedere la restituzione delle somme prelevate dal patrimonio personale ed impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune.
I rimborsi e le restituzioni si effettuano al momento dello scioglimento della comunione; tuttavia il giudice può autorizzarli in un momento anteriore se l'interesse della famiglia lo esige o lo consente.
Il coniuge che risulta creditore può chiedere di prelevare beni comuni sino a concorrenza del proprio credito. In caso di dissenso il giudice può autorizzare il prelevamento se l'interesse della famiglia lo esige o lo consente. I prelievi si effettuano sul denaro, quindi sui mobili e infine sugli immobili.


La nullità del contratto di convivenza

II contratto di convivenza è affetto da nullità insanabile che può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse se concluso:
a) in presenza di un vincolo matrimoniale, di un'unione civile o di un altro contratto di convivenza;
b) in violazione del comma 36 dell’art. 1 della legge 20 maggio 2016, n. 76, secondo il quale per “conviventi di fatto” si intendono due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile;
c) da persona minore di età;
d) da persona interdetta giudizialmente;
e) in caso di condanna per il delitto omicidio consumato o tentato del coniuge del convivente (di cui all'art. 88 del codice civile).
Gli effetti del contratto di convivenza restano sospesi in pendenza del procedimento di interdizione giudiziale o nel caso di rinvio a giudizio o di misura cautelare disposti per il delitto di sopra, fino a quando non sia pronunciata sentenza di proscioglimento.


La modifica del contratto di convivenza

Il contratto di convivenza può essere modificato con l’accordo delle parti.
Le modifiche del contratto di convivenza sono redatte in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato, che ne attesta la conformità alle norme imperative e all'ordine pubblico. L’intervento del notaio è sempre necessario quando il contratto di convivenza prevede il trasferimento o la costituzione di diritti reali immobiliari.
Anche in caso di modifica del contratto di convivenza, il professionista che ha ricevuto l'atto o che ne ha autenticato la sottoscrizione deve trasmetterne copia al comune di residenza dei conviventi per l'iscrizione all'anagrafe entro i dieci giorni successivi (ai sensi degli articoli 5 e 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223).


La risoluzione del contratto di convivenza

La legge prevede che il contratto di convivenza si risolve per:
a) accordo delle parti;
b) recesso unilaterale;
c) matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona;
d) morte di uno dei contraenti.
La risoluzione del contratto di convivenza per accordo delle parti o per recesso unilaterale deve essere redatta in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato, che ne attesta la conformità alle norme imperative e all'ordine pubblico. L’intervento del notaio è sempre necessario quando è previsto il trasferimento o la costituzione di diritti reali immobiliari.
A seguito della risoluzione o recesso dal contratto di convivenza, il professionista che ha ricevuto l'atto o che ne ha autenticato la sottoscrizione deve trasmetterne copia al comune di residenza dei conviventi per l'iscrizione all'anagrafe entro i dieci giorni successivi (ai sensi degli articoli 5 e 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223).
In caso di recesso unilaterale da un contratto di convivenza il professionista che ha ricevuto l'atto o che ne ha autenticato la sottoscrizione deve anche notificarne copia all'altro contraente, all'indirizzo risultante dal contratto.
Nel caso in cui la casa familiare sia nella disponibilità esclusiva del recedente, la dichiarazione di recesso, a pena di nullità, deve contenere il termine, non inferiore a novanta giorni, concesso al convivente per lasciare l'abitazione.
In caso di matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona, il contraente che ha contratto matrimonio o unione civile deve notificare all'altro contraente, nonché al professionista che ha ricevuto o autenticato il contratto di convivenza, l'estratto di matrimonio o di unione civile.
In caso di morte di uno dei contraenti del contratto di convivenza, il contraente superstite o gli eredi del contraente deceduto devono notificare al professionista che ha ricevuto o autenticato il contratto di convivenza l'estratto dell'atto di morte, affinché egli provveda ad annotare a margine del contratto di convivenza l'avvenuta risoluzione del contratto, e a notificarlo all'anagrafe del comune di residenza.
Quando il contratto di convivenza prevede il regime patrimoniale della comunione dei beni, la sua risoluzione determina lo scioglimento della comunione e si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del codice civile relative allo scioglimento della comunione dei beni tra i coniugi (sezione III del capo VI del titolo VI del libro primo del codice civile).
Ricordiamo che, in particolare, l’art. 192 del codice civile dispone che, in seguito allo scioglimento della comunione dei beni, ciascuno dei coniugi è tenuto a rimborsare alla comunione le somme prelevate dal patrimonio comune per fini diversi dall'adempimento delle obbligazioni gravanti sui beni della comunione (previste dall'art. 186 del codice civile). È inoltre tenuto a rimborsare il valore dei beni aggrediti dai creditori per obbligazioni da lui contratte separatamente (di cui all'art. 189 del codice civile), a meno che, trattandosi di atto di straordinaria amministrazione da lui compiuto, dimostri che l'atto stesso sia stato vantaggioso per la comunione o abbia soddisfatto una necessità della famiglia. Ciascuno dei coniugi può chiedere la restituzione delle somme prelevate dal patrimonio personale ed impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune.
I rimborsi e le restituzioni si effettuano al momento dello scioglimento della comunione; tuttavia il giudice può autorizzarli in un momento anteriore se l'interesse della famiglia lo esige o lo consente.
Il coniuge che risulta creditore può chiedere di prelevare beni comuni sino a concorrenza del proprio credito. In caso di dissenso il giudice può autorizzare il prelevamento se l'interesse della famiglia lo esige o lo consente. I prelievi si effettuano sul denaro, quindi sui mobili e infine sugli immobili.


Altre informazioni:

La convivenza di fatto

La successione del convivente

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